1. Il modello economico che abbiamo costruito ruota tutto attorno al circuito produzione-consumo.

Prima siamo diventati bravissimi a produrre beni materiali. Di conseguenza siamo stati educati a essere consumatori. Col risultato di creare un’economia che crea sì benessere, ma che è, al tempo stesso, entropica con l’ambiente e la società e psicotica per le persone che ci vivono.

Occorre fare un passo più in là.

Facendo emergere quelle ragioni del cuore che la ragione stessa, da sola, non conosce (Pascal). Ma siamo incerti e fatichiamo a immaginare l’avvenire.

2. Produrre e consumare sono due dimensioni antropologiche profonde.

Non le ha inventate l’economia moderna.

La civiltà stessa è strettamente legata alla capacità di produzione, che deriva dalla innata attitudine tecnica dell’umano.

E la stessa cosa si può dire a proposito del consumo. L’essere umano consuma da sempre. Per “toccare” la realtà, per nutrirsi (materialmente e culturalmente), per stare con gli altri.

Il problema nasce quando queste due forme dell’agire pretendono di diventare assolute e di riempire e dare senso alle nostre vite.

3. Generare é un movimento antropologico ugualmente originario, che noi conosciamo già. Specie le donne!

Che dobbiamo solo riconoscere, imparando così una via per andare oltre il circuito produzione-consumo.

Tale movimento inizia col momento imprenditvo – mettere al mondo, che è il modo di trasformare il desiderio in una forma concreta.

Si sviluppa in quello organizzativo – il prendersi cura, mediante cui ci confrontiamo con la realtà e le sue asperità. Condizione essenziale per capire chi siamo veramente (i nostri limiti e le nostre capacità) e imparare a stare con gli altri

E che poi arriva fino a quello promozionale – il lasciare andare. Nella serena consapevolezza che la vita va oltre noi. Non si può mettere le mani sulla vita, sulla realtà, sull’essere. Tenere per sé ciò che abbiamo fatto nascere (e sempre ricevuto) significa farlo morire con noi.

4. Generare – non solo in senso biologico, ma sociale e culturale – ci insegna che lo scopo finale di ogni nostra azione concreta (economica) non può che essere la circolazione della vita. Della libertà. Attraverso e al di là di noi.

È questo, d’altra parte, il grande insegnamento del racconto della Genesi dove l’atto creativo più alto di Dio è il mettere al mondo una creatura libera – dunque in relazione e perciò responsabile – come Lui.

La nostra libertà ha senso se, prendendo iniziative, facendo cose, costruendo con altri – e dando così libera e piena espressione alle nostre capacità – noi liberiamo altri mettendoli in condizioni di ri-iniziare, a modo loro, il circolo straordinario della vita libera.

Solo così la nostra capacità di azione produce senso e bellezza, riuscendo a non trasformarsi in dominio e distruzione (proprio i problemi del nostro modello di sviluppo). Ma alimentando la pluralità e la creatività della vita umana.

5. L’economia generativa è quella che lavora per creare le condizioni socio-istituzionali perché questo movimento antropologico – che possiamo pensare alla base di una nuova spinta economica post consumerista – sia riconosciuto e rafforzato.

E che per far questo concretamente lavora su quattro transizioni:

  • quella formativa (capacitazione)
  • quella organizzativa (eterarchia)
  • quella comunitaria (sussidiarietà)
  • quella ambientale (sostenibilità)